G20, scontro Usa-Ue su dazi e web tax. Ma la tassazione digitale vale fino a 8 miliardi di euro

Tassa sui ‘Gafa’ e nuovo protezionismo i temi ‘caldi’ del summit dei 20 Grandi a Buonos Aires

Protezionismo e web tax. Ecco i dossier ‘caldi’ che i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali delle maggiori 20 economie mondiali si ritroveranno sul tavolo a Buenos Aires per il G20 di lunedi’ e martedi’. Senza dimenticare, tra i punti dell’agenda, la questione delle criptovalute e di una loro possibile regolamentazione.

Il summit, il primo della presidenza argentina del G20, si svolge in un’atmosfera particolarmente tesa, poco prima dell’entrata in vigore – dal 23 marzo – dei dazi Usa sulle importazioni di acciaio e alluminio, che colpiranno tutti i Paesi del mondo a eccezione di Canada e Messico.

Altro tema spinoso, quello della tassazione dei grandi colossi dell’hi-tech. Nei giorni scorsi i il segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, ha annunciato la ferma opposizione degli Stati Uniti a una tassazione speciale dei ‘Gafa’, l’acronimo con cui vengono designati i 4 colossi del web Google, Apple, Facebook e Amazon. “Gli Usa – ha detto Mnuchin – si oppongono fermamente alla proposta di alcuni Paesi di colpire le compagnie digitali”, con una tassazione speciale. “Non sono misure antiamericane. Non è protezionismo. È corretta tassazione”, ha tenuto a chiarire al Wall Street Journal il commissario europeo agli Affari economici, Pierre Moscovici.

La cosiddetta web (o digital) tax coinvolgerà un centinaio di aziende e verrà presentata mercoledì 21 marzo. Il fisco ‘light’ di cui hanno finora beneficiato i colossi dell’hi-tech sta per finire, perché per rimediare alla maxi-evasione legale che gli Stati membri non vogliono più tollerare, la Commissione Ue presenterà la sua proposta di ‘web tax’, attesa da settembre scorso. E’ una misura ‘temporanea’ (in attesa di un’intesa a livello Ocse), applicabile da subito non appena ci sarà l’ok di tutti gli Stati Ue. L’aliquota dovrebbe essere tra l’1% e il 5% (probabile il 3% nella versione finale) del fatturato, in grado di generare un gettito fino ad 8 miliardi di euro all’anno.

La web tax si applicherà alle aziende con un fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro annuali, con ricavi di almeno 50 milioni generati nella Ue. Ricavi prodotti attraverso la vendita di abbonamenti (come Netflix, Spotify e Apple), la cessione di dati a terzi (come per le pubblicità mirate di Amazon e Booking) o la vendita di spazi pubblicitari. Non colpirà solo le aziende Usa, fanno notare fonti europee, ma anche molte asiatiche ed europee. La Commissione parte prima di tutto dai numeri: le imprese tradizionali locali, in Europa, pagano il 20,9% di tasse, quelle internazionali il 23,4%. Numeri dimezzati per le aziende digitali: quelle locali pagano l’8,5%, quelle straniere il 10,1%. Grazie al fatto che i loro asset intangibili sono altamente mobili. L’obiettivo è sempre quello di riuscire a tassare il valore laddove viene generato, principio su cui si basa tutta la strategia Ue sul fisco delle imprese.

Sempre nelle ultime ore l’Ocse in un rapporto ha accertato che non c’e’ un’intesa a livello internazionale per tassare i colossi del web, aprendo la strada a misure unilaterali come quelle che la Commissione europea svelera’ mercoledi’ prossimo a Bruxelles. La Ue intende presentare una serie di criteri con cui definire una presenza digitale standard, diversa dalla presenza fisica utilizzata finora per tassare i profitti. Nel frattempo, in via provvisoria, si proporra’ un meccanismo di tassazione del fatturato a livello nazionale delle singole imprese digitali.

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